mercoledì 16 settembre 2015

Riflessioni su Il viaggiatore notturno di Maurizio Maggiani





Ascoltate, è ancora il tramonto sul colle dell'Assekrem. Giallo, ocra, azzurro, oltremare, carminio. Cielo, terra, montagne e valli.

Tutto.

Ma giù nelle gole c'è già il crepuscolo e la notte. Rosa, terra bruciata, viola, nero. Il nulla laggiù.

L'aria è così limpida che l'increspatura dell'ultimo orizzonte potrebbe essere all'altro capo del mondo. Se la Terra fosse piatta. E il fondo della valle su cui sta poggiando la roccia dell'Assekrem, il centro della Terra. Se il cuore della Terra fosse freddo come i crepacci a quest'ora della sera.

di Paolo Amadio

Questa non è una recensione. Informazioni utili sul romanzo come la trama, i personaggi, il prezzo non figurano in queste poche righe intese come semplici riflessioni da condividere o rigettare solo dopo aver letto l'opera. Tuttavia, in qualche modo, ne sono un invito alla lettura.

So che qualche lettore è rimasto disorientato dalla struttura de Il viaggiatore notturno, perdendosi in una scrittura più riflessiva che narrativa e che a volte sembra insistere puntigliosamente sulle stesse frasi, gli stessi concetti. Forse questo disorientamento nasce dal fatto che questa opera si colloca all'intersezione di due diversi generi, il reportage letterario e il romanzo. Del primo prende la verità dei fatti narrati, lo stile pacato ma allo stesso tempo la prontezza e la competenza nel cogliere il colore, l'essenza delle cose, dei luoghi e delle persone che descrive. Del secondo prende ciò che non è e non può essere vero. Perciò tutto sommato è un romanzo, e come tale l'editore lo ha pubblicato.

Come tutti i romanzi ambientati lontano, anche se non lontanissimo, almeno geograficamente, affronta fondamentalmente il tema della visione del mondo e della vita da un punto di vista diverso da quello europeo ed occidentale.
Solo che l'alter ego di Maggiani, la voce narrante in prima persona, lo ha fatto per lavoro; la stessa scelta la fece invece per sempre Père Foucauld, ex ufficiale francese ritiratosi nel deserto per sposare il punto di vista, fisico e culturale, dei Tuareg. In compenso il protagonista conosce anche la Bosnia, che pur trovandosi ampiamente all'interno dei confini geografici e culturali del Vecchio Continente ha aderito ad una visione del mondo differente ed antagonista a quella occidentale. Mentre al di qua della cortina di ferro si tentava (faticosamente) e si tenta (ancor più faticosamente) di conciliare stato e individuo, il comunismo balcanico diede vita ad una società basata sulla presunta coincidenza di altri due concetti: stato e popolo. Quando non combaciarono più, fu separazione violenta.

Come si parla in maniera universale di un popolo, anzi, dell'umanità in generale? Seguendo un'esistenza individuale. Quelle di Dinetto, Zingirian, Jibril sono vite accomunate da un approccio pratico, un problema e una soluzione. Senza il superfluo. Ecco la chiave di lettura del romanzo, il messaggio: vivere senza il superfluo, narrare senza il superfluo. Ecco perché quest'opera affascina: la superficialità è il contrario della semplicità, anche se talvolta si confondono. Ma la semplicità serve ad arrivare a ciò che è importante. Ed è importante, sembra dirci Maggiani, vivere senza il lusso nella vita, così come scrivere senza retorica. Ne è un esempio, forse il più convincente di tutto il libro, il racconto della sepoltura delle vittime di Tuzla: la narrazione di una tragedia immane senza enfasi, appunto senza retorica, e che contemporaneamente riesce a mantenere un'ottica individuale, senza cioè scadere nell'asettico, nell'impersonale, nell'astratto. Rimanendo dentro al fatto, tra le persone, eppure resistendo al delirio delle emozioni smisurate che pure tali avvenimenti devono aver generato anche in un semplice spettatore.
In più, sullo sfondo, l'autore tocca altri temi, anch'essi poco frequentati dalla nostra modesta letteratura contemporanea: il rispetto della natura, inteso come necessità vitale e non come elegante prassi delle belle anime, ed una riabilitazione dell'etica lavorativa come contrappeso allo spreco dell'esistenza.


Maurizio Maggiani

Vi proponiamo alcune citazioni dal libro:

Cerchi chi devi cercare, incontri chi devi incontrare. Sono sempre i piedi che Dio muove per primi.

Esistere è la mia preghiera, come esisto è come prego.

La cosa che più conta di un viaggio è non smettere di viaggiare.

Solo quando non so dove andare so che arriverò da qualche parte. Solo quando ho una meta so che 
 non arriverò mai.

Non tutto ciò che esiste è reale.

Mi piaceva essere figlio di un proletario, mi piaceva la parola. Me l'aveva spiegata: "proletario" vuol dire che un uomo possiede solo la sua prole. Io ero la prole di mio padre ed ero contento anche di essere la sua unica proprietà.

Sto imparando che non serve sempre saper vedere una ragione, che si può essere nudi e scalzi di qualsiasi ragione e non per questo essere meno veri di un fuoco acceso nella notte.

Maurizio Maggiani, Il viaggiatore notturno, Giangiacomo Feltrinelli Editore


Nessun commento:

Posta un commento