lunedì 21 ottobre 2013

Narrare con parole e immagini - I nostri incontri con gli autori



La Biblioteca di Istituto si fa promotrice di un incontro con autori.

Questo primo incontro pensato già nell'anno scolastico appena finito avrà luogo il 26 ottobre 2013. nell'ambito dell'International School Library Month - Ottobre, il mese internazionale delle Biblioteche Scolastiche.

E' intitolato Narrare con parole e immagini. La biblioteca presenta due libri. Il primo  I frammenti di Clitemnestra di Paolo Amadio, è definito dall'autore un giallo "di provincia". E' un accattivante giallo che si svolge in una località marina del Lazio che un po' tutti i romani conoscono e amano; il secondo "Dietwald e gli altri"  di Raffaele Corte è  descritto in poche parole dal complemento del titolo: 15 immagini in cerca di personaggi, ma le emozioni sono evocate dal testo e dalle stupende immagini. E' parte della manifestazione la mostra fotografica legata a  "Dietwald e gli altri".

L'appuntamento è in Aula Magna dalle 12,00 alle 13,00.

E' necesario prenotare per partecipare all'evento.

Per informazioni e prenotazioni contattare la Docente Bibliotecaria, biblio.garibaldi.roma@gmail.com


Dietwald e gli altri di Raffaele Corte



Dietwald e gli altri:15 immagini in cerca di personaggi di Raffaele Corte

Presentazione

Tutto è cominciato osservando alcune tra le mie fotografie, non necessariamente le migliori, ma parte di quelle alle quali sono piu' affezionato. Mi sono soffermato su di esse cercando di ascoltare ciò che avevano da raccontare. Tutto qui. Un gioco all'apparenza bizzarro - ispirato alla tecnica delle 'carte in favola' di Franco Passatore - e ripetibile all'infinito con altrettanti risvolti e sviluppi: a chiunque le guardi, queste immagini (come qualsiasi altra) raccontano storie sempre diverse. Per questo motivo il libro è impaginato in modo tale da permettere a chiunque di 'ascoltare' la propria storia, per poi confrontarla con la mia e scoprire - ovviamente - che è del tutto diversa (meraviglie della creatività umana!). Un gioco con me stesso e con il lettore, dunque, come tante volte ho sperimentato nella mia abituale veste di educatore. Uno splendido esercizio mentale. Le immagini hanno raccontato storie di personaggi piu' o meno ordinari, proiettati in 'realtà altre', mondi paralleli costruiti cavalcando spudoratamente la fantasia, spaziando dalla fiaba al gotico, dall'onirico al grottesco. Otto racconti (anzi, sette piu' uno...) per chi sa vedere mentre guarda, per chi sa interpretare mentre legge, per chi sa stare al gioco...

Dove lo trovi QUI su il mio libro.it

Vuoi incontrare l'autore?

Partecipa a Narrare con Parole e immagini sabato 26 ottobre 2013

Aula Magna ore 12-13
ITAS G. Garibaldi
Via Ardeatina, 524
Roma

I frammenti di Clitemnesta di Paolo Amadio


I Frammenti di Clitemnesta di Paolo Amadio

Presentazione

Nella vita di una tranquilla località balneare alle porte di Roma irrompe un fatto di cronaca destinato a scuotere le coscienze dell’intera comunità di residenti e villeggianti: un tentativo di stupro termina con un morto ammazzato. Dietro alla serenità dei villeggianti, adagiati su di un territorio ricco di una millenaria storia e degli imprevedibili lasciti del passato, si consumano le passioni terrene di un mondo in cui tutti aspirano a possedere ciò che non hanno, e sono disposti ad averlo, costi quel che costi...


Dove lo trovi? vedi  QUI

Vuoi incontrare l'autore?

Partecipa a Narrare con Parole e immagini sabato 26 ottobre 2013

Aula Magna ore 12-13
ITAS G. Garibaldi
Via Ardeatina, 524
Roma

mercoledì 9 ottobre 2013

Il traduttore del silenzio di Daoud Hari




Abstract
Daoud è nato in un piccolo villaggio nel Darfur. Capanne rotonde, spaziose, con il tetto d'erba che quando piove profuma di buono. Sebbene sia stato lontano anni, prima per studiare, poi per lavorare in Libia, l'ha sempre portato nel cuore. Tanto che ora ha deciso di tornare, per ritrovare la sua gente, la sua famiglia. E per perdere tutto un attimo dopo. Perché un giorno il villaggio viene attaccato, le capanne bruciate e molti degli abitanti uccisi. Chi sopravvive fugge, come Daoud. È l'incontro con un'organizzazione umanitaria a indicargli il suo destino. Facendo tesoro dell'inglese imparato a scuola, Daoud si offre come interprete e guida. Attraverso le sue parole prendono voce le testimonianze di centinaia di profughi, scampati al massacro ma che ancora hanno negli occhi l'orrore che ha dilaniato le loro vite. Sono storie di un dolore quotidiano, tanto spaventose che a volte non riesce nemmeno a tradurle. Ma anche storie di coraggio e di umanità che illuminano di speranza la notte dell'odio. Quella è diventata la sua missione. Perché nessuno possa più dire che non sapeva.

Daoud Hari, conosciuto con il soprannome di Suleiman Abakar Moussa, è uno scrittore sudanese, nato in un villaggio del Darfur.

Biografia

Dopo essere stato costretto ad abbandonare il suo paese, ha vissuto in un campo profughi in Ciad. Come interprete e guida di reporter occidentali e organizzazioni umanitarie, ha varcato decine di volte il confine per tornare in Sudan, mettendo a repentaglio la propria vita per dar voce a chi non ce l'ha. Nel 2006, nel corso di una di queste missioni, è stato catturato, imprigionato e torturato. Dopo la sua liberazione, è stato accolto negli Stati Uniti come rifugiato. Il suo libro intitolato "Il traduttore del silenzio" è un caso internazionale, tradotto in quattordici paesi. Oggi vive a Baltimora.
Fonte:Wikipedia

martedì 8 ottobre 2013

Esce oggi in libreria "Io sono Malala"





I lettori troveranno da oggi nelle librerie di tutto il mondo l'autobiografia di Malala Yousafzai, la ragazza, ora 16enne pakistana ferita dai talebani il 9 ottobre 2012 nella valle dello Swat. E quindi l'uscita in questa data, ad un anno dal grave ferimento non è casuale. 

Il libro 'I Am Malala' ('Sono Malala'), scritto dalla giovane attivista e dalla giornalista britannica Christina Lamb, racconta la vita della ragazza prima e dopo l'attentato avvenuto due anni fa. Ne emerge l'immagine di una ragazza a cui piacciono 'Ugly Betty', Masterchef e Angelina Jolie, che si preoccupa dei suoi vestiti e capelli, ma al tempo stesso ha una volontà inflessibile e una maturità rare alla sua età. La sparatoria è descritta brevemente, ma in maniera molto vivida. "L'aria - ricorda Malala - aveva l'odore di diesel, pane e kebab, mischiato con la puzza del torrente dove la gente continuava a buttare la spazzatura".


Una parte del racconto è dedicata alla valle dello Swat, "il posto più bello in tutto il mondo", secondo Malala, ma al tempo stesso attraversato da sempre da eserciti e invasori, dai tempi di Alessandro Magno a Winston Churchill. Dopo gli attentati dell'11 settembre del 2001 e dopo l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'esercito statunitense la valle è stata raggiunta dai talebani. Il libro racconta il loro arrivo, con i militanti che chiudevano negozi di dvd ed esponevano i corpi delle persone che avevano giustiziato. I talebani fecero esplodere le antiche statue di Budda e poi iniziarono ad attaccare scuole. "Hanno distrutto tutto quello che c'era di vecchio e non hanno portato niente di nuovo", scrive Malala, che considera se stessa una musulmana credente e un orgoglioso membro del gruppo etnico dei pashtun, ma al tempo stesso racconta di aver sempre contestato l'approccio della sua cultura nei confronti delle donne.


La ragazza dedica molto spazio alla figura del padre, Ziauddin Yousafzai, l'educatore che fondò la scuola frequentata dalla figlia. A 11 anni Malala concesse le prime interviste a emittenti locali e nel 2009 iniziò a scrivere un blog per il servizio della Bbc in urdu. Malala ora vive a Birmingham, nel Regno Unito, dove è stata curata per le ferite alla testa riportate nell'attacco. L'ultima parte del libro descrive la sua vita in Inghilterra e la ragazza racconta di essersi svegliata in ospedale con un unico pensiero: "Grazie a Dio non sono morta".


La giovane vuole ritornare un giorno in Pakistan e dedicarsi alla politica. Attualmente il Malala Fund fondato in suo nome promuove l'istruzione delle ragazze in tutto il mondo, mentre lei stessa ha ricevuto numerosi premi e parlato alle Nazioni unite nel giorno del suo 16esimo compleanno. Il 18 ottobre incontrerà la regina Elisabetta a Buckingham palace. "Quando mi spararono, i talebani pensavano che la gente sarebbe rimasta in silenzio, che nessuno avrebbe parlato", ha detto in un'intervista alla Bbc. "Penso - ha aggiunto - che forse si siano pentiti di aver sparato a Malala".

Abstract
9 ottobre 2012. Il sole brilla forte sulla valle di Swat. Dal vecchio scuolabus senza tetto che la riporta a casa, Malala sorride e segue il volo degli aquiloni colorati nell'enorme cielo azzurro. Anche oggi ce l'ha fatta: ha attraversato il fiume e ha raggiunto la scuola. È riuscita a studiare, a leggere, a imparare. Nonostante i pregiudizi. Nonostante le minacce. Nonostante le imposizioni. Perché i Talebani al potere vogliono togliere questo diritto a tutte le ragazze come lei, e sono pronti a uccidere chi osa gridare il proprio desiderio di conoscere il mondo. Malala questo lo sa bene, e quando a un tratto l'autista frena rumorosamente, fermando il bus nel mezzo di quella strada fatta di terra e polvere, capisce subito che qualcosa non va. Un uomo, i capelli lunghi e il volto coperto da una folta barba scura, sale a bordo all'improvviso con un salto. Impugna una pistola nera e grida furioso il suo nome. Sta cercando proprio lei. Nessuno parla, nessuno risponde a quell'urlo. Poi lentamente i visi cominciano a girarsi e a guardare Malala, indicandola in silenzio con occhi impauriti. Lei è l'unica, sullo scuolabus, ad avere il volto scoperto e lo sguardo fisso su quell'uomo che rapidamente alza il braccio e fa fuoco. Quattro rumori violenti, quattro spari, quattro proiettili la colpiscono. Ma quella mattina Malala non muore, e questa è la sua storia.

lunedì 7 ottobre 2013

Vi presento Fabrizio Gatti e il nobel per Lampedusa




foto di coperta da licenza crative commons

Stavo leggendo della candidatura di Lampedusa al premio Nobel e mi sono imbattuta nella storia professionale del giornalista Fabrizio Gatti che al riguardo recentemente ha scritto:

La pace non è un concetto astratto. La pace è un’azione verso gli uomini, le donne, i bambini. Non c’è altro paese al mondo in cui abbia visto mettere in pratica questo impegno in modo così costante e determinato. Quel paese, un piccolo paese disperso in mezzo al mare, è Lampedusa. Con tutti i suoi abitanti, i soccorritori, i medici, i volontari. In queste ore, la gente di Lampedusa ancora una volta ha portato a terra i vivi e raccolto i morti.



foto di coperta da licenza crative commons

foto di coperta da licenza crative commons



L’ho provato sulla mia pelle. Letteralmente. La notte tra il 23 e il 24 settembre 2005. Un uomo che non conoscevo e non mi conosceva mi ha avvistato in mare, a nuoto alla deriva. Mi ha aiutato a risalire sulla scogliera. Mi ha fatto sdraiare sulla pietra. Si è tolto la maglietta e me l’ha stesa sul petto per coprirmi. Continuavo a tremare di freddo. Allora lui, con tutto il suo corpo, si è sdraiato sopra di me. Pesava, eccome. Mi ha riscaldato così. Senza sapere chi fossi. Ero sporco, la barba sfatta da mesi, potevo essere malato e contagioso. Ho memorizzato nella mente la sua voce, le sue parole. Vale la pena risentirle: “Questo poveretto erano quasi cinque ore che chiedeva aiuto”, diceva agli altri intorno a lui, “alle dieci l’ho sentito gridare. Credevo fosse uno dei turisti ubriachi che dormono in spiaggia e gli ho perfino risposto cu c’è. Madonna mia, perdonami. Questo si è ghiacciato. Sta tremando… Forza, qualcuno porti una coperta che questo sta morendo di freddo. Dai, che ti portano una coperta e ti scaldi”. Poi si è messo in ginocchio e si è chinato a strofinare i miei piedi. Tempo dopo l’uscita sull’Espresso della mia inchiesta sotto copertura, ci siamo rivisti per la prima volta. Massimo Costanza non faceva il soccorritore di mestiere. Fa l’elettricista in un albergo, ha una moglie, i figli. Una persona normale.
Fuori dei centri di detenzione dove i sopravvissuti vengono rinchiusi per legge, del filo spinato, della reclusione fino a diciotto mesi, della politica estera incapace e inconcludente, Lampedusa è così. Gente che non fa differenza tra amici o nemici. Connazionali o stranieri. Cittadini o clandestini. Ecco perché una volta seppellite le decine e decine di morti e placate le polemiche, dopo aver premiato nel 2012 l’Unione Europea, colpevole assente in questa tragedia sulle sponde del Mediterraneo, il Nobel per la pace dovrebbe andare agli abitanti di quest’isola, capitale mondiale d’umanità.

Per favore, firma la petizione per la candidatura di Lampedusa al premio Nobel per la pace 2014








Fabrizio Gatti si presenta così

Chi sono
Nato a Milano nel 1966, dal 2004 scrivo per “l’Espresso”. Forse ricorderete le mie inchieste da infiltrato sulle rotte dell’immigrazione illegale dall’Africa all’Europa, sul caporalato nell’agricoltura e nell’edilizia, sulle scarse condizioni igieniche negli ospedali e sulla “cricca” degli appalti pubblici. Dal 1987 al 1990 ho scritto per “il Giornale” di Indro Montanelli e dal 1991 al 2004 per il “Corriere della sera”. Ho pubblicato: “Bilal.
Viaggiare, lavorare, morire da clandestini” (Rizzoli, 2007 – premio Tiziano Terzani), diario di quattro anni vissuti sotto copertura tra il deserto del Sahara, l’isola di Lampedusa e le campagne dove, grazie allo sfruttamento della manodopera, l’industria alimentare compra prodotti a prezzi da fame; “Gli anni della peste” (Rizzoli, 2013), romanzo-verità sulla resa dell’Italia di fronte alla mafia; e i libri per ragazzi “Viki che voleva andare a scuola” (Rizzoli, 2003 – adottato come testo di lettura in numerose classi) e “L’Eco della frottola” (Rizzoli, 2010 – premio letteratura per ragazzi Elsa Morante).


foto di  coperta da licenza crative commons

Spunti di lettura
Libri di Fabrizio Gatti


Abstract
"Bilal" è un'avventura contemporanea attraverso i deserti e il mare, dall'Africa all'Europa, dalle bidonville al mercato dei nuovi schiavi, vissuta in prima persona dall'autore. Fabrizio Gatti ha attraversato il Sahara sui camion e si è fatto arrestare come immigrato clandestino per raccontare gli atti eroici e le tragedie che accompagnano i protagonisti di una conquista incompiuta.




Abstract
Un giornalista infiltrato che si mette la tuta degli operai del gas per raccontare le follie di una banda di trafficanti di droga. Un killer della 'ndrangheta che al suo battesimo con la pistola non ha il coraggio di uccidere. Si guardano da lontano. Si studiano. Si incontrano. Due vite parallele. Un viaggio spietato. Dal Fortino della mala, il quartiere senza Stato di Milano, ai giorni della resa alla mafia, i nostri giorni. Il giornalista insegue la via dell'eroina in città e si ritrova al centro dell'estate atroce delle stragi di Cosa nostra. Rocco, vent'anni, il killer che rinuncia a uccidere, finisce in carcere. Con una sola ossessione: vendicare la morte di Luca, il suo capo, il suo compare fraterno, ammazzato su ordine dei clan. Il bisogno di vendetta di Rocco però si trasforma in desiderio di giustizia. Fino a convincerlo a testimoniare al maxiprocesso contro la 'ndrangheta al Nord. In cambio lo Stato gli offre la tutela e la possibilità di ricostruirsi una vita. Ma un mese prima dell'udienza, con un pretesto, gli toglie il programma di protezione. Rocco diventa così il primo pentito tradito dallo Stato. Il perché glielo rivela il giornalista che Rocco odiava fino al punto di volerlo gambizzare. Il perché è nelle confidenze di un funzionario di polizia che, già poche ore dopo le bombe di Cosa nostra a Milano e a Roma, parla di una trattativa in corso tra apparati dello Stato e boss. Il romanzo verità di un giornalista infiltrato nel mondo del crimine.




Abstract
La vicenda di Viki ha occupato per parecchio tempo le pagine di cronaca del Corriere della Sera. A scoprirla e raccontarla è stato un cronista che perlustrando la periferia di Milano, una sera d'inverno, in cerca di storie, ha visto un bambino fare ritorno da solo, nel buio, in una baraccopoli popolata da clandestini. Viki e la sua famiglia vengono dall'Albania e stanno cercando di inventarsi una nuova vita in Italia. Non è facile, perché non sono in regola. Ma Viki ha una marcia in più: è bravo a scuola, vuole imparare. Una storia vera, una volta tanto a lieto fine, per riflettere su parole come accoglienza, integrazione, solidarietà.





Abstract
È notte quando nella redazione dell'Eco di Bau Bau Au Au Au, il quotidiano più antico e prestigioso dell'isola, arriva la notizia di un rapimento eccellente: qualcuno ha sequestrato il questore a pochi passi dallo zoo. Le informazioni sul fatto sono scarse e non è possibile chiedere conferma alle forze dell'ordine. Eppure il caporedattore, dopo aver fermato il giornale in stampa per aggiornare la prima pagina, chiede a un vecchio redattore, Pennuto, ormai a pochi mesi dalla pensione, di scrivere il pezzo. Ma è possibile costruire un articolo senza conoscere i fatti, con il dubbio che non ci sia alcuna notizia reale? Pennuto ci prova: in fondo basta dilatare, aggiungere, ritoccare, insinuare... E l'indomani, all'uscita del quotidiano, la notizia del rapimento del questore viene rilanciata dalle televisioni scatenando un domino di equivoci che coinvolge l'intera isola, autorità comprese, creando seri pasticci. Ma anche un'occasione, per il povero Pennuto e per la giovane commissaria Mancata con cui ha stretto amicizia, di riflettere sui meccanismi della comunicazione e del giornalismo: quello buono e soprattutto quello cattivo. Età di lettura: da 9 anni.


sabato 5 ottobre 2013

La Psicantria




Mi arriva una mail dalla prof. Tamburano della Comunità di Capodarco di Roma, comunità che come sapete si occupa di combattere l'emarginazione delle persone in situazioni di disagio.

Nella mail la collega mi segnala un'iniziativa di grande valore. Un progetto davvero originale nel quale si legge la disponibilità verso l'altro, l'accettazione della diversità, il rispetto per ogni essere umano, il riconoscimento della persona.

Due uomini, due professionisti con la passione per la musica, si incontrano. Uno è uno psicoterapeuta, l'altro è uno psichiatra. Decidono di far conoscere i disturbi psichici attraverso la canzone. Perché la conoscenza permette di combattere il pregiudizio e la discriminazione.

Chi sa se un giorno li potremo invitare ad esibirsi alla nostra scuola.


Vi inserisco un video che ve li farà conoscere meglio.



Fonte: http://www.psicantria.it/ita/