I lettori troveranno da oggi nelle librerie di tutto il mondo l'autobiografia di Malala Yousafzai, la ragazza, ora 16enne pakistana ferita dai talebani il 9 ottobre 2012 nella valle dello Swat. E quindi l'uscita in questa data, ad un anno dal grave ferimento non è casuale.
Il libro 'I Am Malala' ('Sono Malala'), scritto dalla giovane attivista e dalla giornalista britannica Christina Lamb, racconta la vita della ragazza prima e dopo l'attentato avvenuto due anni fa. Ne emerge l'immagine di una ragazza a cui piacciono 'Ugly Betty', Masterchef e Angelina Jolie, che si preoccupa dei suoi vestiti e capelli, ma al tempo stesso ha una volontà inflessibile e una maturità rare alla sua età. La sparatoria è descritta brevemente, ma in maniera molto vivida. "L'aria - ricorda Malala - aveva l'odore di diesel, pane e kebab, mischiato con la puzza del torrente dove la gente continuava a buttare la spazzatura".
Una parte del racconto è dedicata alla valle dello Swat, "il posto più bello in tutto il mondo", secondo Malala, ma al tempo stesso attraversato da sempre da eserciti e invasori, dai tempi di Alessandro Magno a Winston Churchill. Dopo gli attentati dell'11 settembre del 2001 e dopo l'invasione dell'Afghanistan da parte dell'esercito statunitense la valle è stata raggiunta dai talebani. Il libro racconta il loro arrivo, con i militanti che chiudevano negozi di dvd ed esponevano i corpi delle persone che avevano giustiziato. I talebani fecero esplodere le antiche statue di Budda e poi iniziarono ad attaccare scuole. "Hanno distrutto tutto quello che c'era di vecchio e non hanno portato niente di nuovo", scrive Malala, che considera se stessa una musulmana credente e un orgoglioso membro del gruppo etnico dei pashtun, ma al tempo stesso racconta di aver sempre contestato l'approccio della sua cultura nei confronti delle donne.
La ragazza dedica molto spazio alla figura del padre, Ziauddin Yousafzai, l'educatore che fondò la scuola frequentata dalla figlia. A 11 anni Malala concesse le prime interviste a emittenti locali e nel 2009 iniziò a scrivere un blog per il servizio della Bbc in urdu. Malala ora vive a Birmingham, nel Regno Unito, dove è stata curata per le ferite alla testa riportate nell'attacco. L'ultima parte del libro descrive la sua vita in Inghilterra e la ragazza racconta di essersi svegliata in ospedale con un unico pensiero: "Grazie a Dio non sono morta".
La giovane vuole ritornare un giorno in Pakistan e dedicarsi alla politica. Attualmente il Malala Fund fondato in suo nome promuove l'istruzione delle ragazze in tutto il mondo, mentre lei stessa ha ricevuto numerosi premi e parlato alle Nazioni unite nel giorno del suo 16esimo compleanno. Il 18 ottobre incontrerà la regina Elisabetta a Buckingham palace. "Quando mi spararono, i talebani pensavano che la gente sarebbe rimasta in silenzio, che nessuno avrebbe parlato", ha detto in un'intervista alla Bbc. "Penso - ha aggiunto - che forse si siano pentiti di aver sparato a Malala".
Abstract
9 ottobre 2012. Il sole brilla forte sulla valle di Swat. Dal vecchio scuolabus senza tetto che la riporta a casa, Malala sorride e segue il volo degli aquiloni colorati nell'enorme cielo azzurro. Anche oggi ce l'ha fatta: ha attraversato il fiume e ha raggiunto la scuola. È riuscita a studiare, a leggere, a imparare. Nonostante i pregiudizi. Nonostante le minacce. Nonostante le imposizioni. Perché i Talebani al potere vogliono togliere questo diritto a tutte le ragazze come lei, e sono pronti a uccidere chi osa gridare il proprio desiderio di conoscere il mondo. Malala questo lo sa bene, e quando a un tratto l'autista frena rumorosamente, fermando il bus nel mezzo di quella strada fatta di terra e polvere, capisce subito che qualcosa non va. Un uomo, i capelli lunghi e il volto coperto da una folta barba scura, sale a bordo all'improvviso con un salto. Impugna una pistola nera e grida furioso il suo nome. Sta cercando proprio lei. Nessuno parla, nessuno risponde a quell'urlo. Poi lentamente i visi cominciano a girarsi e a guardare Malala, indicandola in silenzio con occhi impauriti. Lei è l'unica, sullo scuolabus, ad avere il volto scoperto e lo sguardo fisso su quell'uomo che rapidamente alza il braccio e fa fuoco. Quattro rumori violenti, quattro spari, quattro proiettili la colpiscono. Ma quella mattina Malala non muore, e questa è la sua storia.
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