lunedì 7 ottobre 2013

Vi presento Fabrizio Gatti e il nobel per Lampedusa




foto di coperta da licenza crative commons

Stavo leggendo della candidatura di Lampedusa al premio Nobel e mi sono imbattuta nella storia professionale del giornalista Fabrizio Gatti che al riguardo recentemente ha scritto:

La pace non è un concetto astratto. La pace è un’azione verso gli uomini, le donne, i bambini. Non c’è altro paese al mondo in cui abbia visto mettere in pratica questo impegno in modo così costante e determinato. Quel paese, un piccolo paese disperso in mezzo al mare, è Lampedusa. Con tutti i suoi abitanti, i soccorritori, i medici, i volontari. In queste ore, la gente di Lampedusa ancora una volta ha portato a terra i vivi e raccolto i morti.



foto di coperta da licenza crative commons

foto di coperta da licenza crative commons



L’ho provato sulla mia pelle. Letteralmente. La notte tra il 23 e il 24 settembre 2005. Un uomo che non conoscevo e non mi conosceva mi ha avvistato in mare, a nuoto alla deriva. Mi ha aiutato a risalire sulla scogliera. Mi ha fatto sdraiare sulla pietra. Si è tolto la maglietta e me l’ha stesa sul petto per coprirmi. Continuavo a tremare di freddo. Allora lui, con tutto il suo corpo, si è sdraiato sopra di me. Pesava, eccome. Mi ha riscaldato così. Senza sapere chi fossi. Ero sporco, la barba sfatta da mesi, potevo essere malato e contagioso. Ho memorizzato nella mente la sua voce, le sue parole. Vale la pena risentirle: “Questo poveretto erano quasi cinque ore che chiedeva aiuto”, diceva agli altri intorno a lui, “alle dieci l’ho sentito gridare. Credevo fosse uno dei turisti ubriachi che dormono in spiaggia e gli ho perfino risposto cu c’è. Madonna mia, perdonami. Questo si è ghiacciato. Sta tremando… Forza, qualcuno porti una coperta che questo sta morendo di freddo. Dai, che ti portano una coperta e ti scaldi”. Poi si è messo in ginocchio e si è chinato a strofinare i miei piedi. Tempo dopo l’uscita sull’Espresso della mia inchiesta sotto copertura, ci siamo rivisti per la prima volta. Massimo Costanza non faceva il soccorritore di mestiere. Fa l’elettricista in un albergo, ha una moglie, i figli. Una persona normale.
Fuori dei centri di detenzione dove i sopravvissuti vengono rinchiusi per legge, del filo spinato, della reclusione fino a diciotto mesi, della politica estera incapace e inconcludente, Lampedusa è così. Gente che non fa differenza tra amici o nemici. Connazionali o stranieri. Cittadini o clandestini. Ecco perché una volta seppellite le decine e decine di morti e placate le polemiche, dopo aver premiato nel 2012 l’Unione Europea, colpevole assente in questa tragedia sulle sponde del Mediterraneo, il Nobel per la pace dovrebbe andare agli abitanti di quest’isola, capitale mondiale d’umanità.

Per favore, firma la petizione per la candidatura di Lampedusa al premio Nobel per la pace 2014








Fabrizio Gatti si presenta così

Chi sono
Nato a Milano nel 1966, dal 2004 scrivo per “l’Espresso”. Forse ricorderete le mie inchieste da infiltrato sulle rotte dell’immigrazione illegale dall’Africa all’Europa, sul caporalato nell’agricoltura e nell’edilizia, sulle scarse condizioni igieniche negli ospedali e sulla “cricca” degli appalti pubblici. Dal 1987 al 1990 ho scritto per “il Giornale” di Indro Montanelli e dal 1991 al 2004 per il “Corriere della sera”. Ho pubblicato: “Bilal.
Viaggiare, lavorare, morire da clandestini” (Rizzoli, 2007 – premio Tiziano Terzani), diario di quattro anni vissuti sotto copertura tra il deserto del Sahara, l’isola di Lampedusa e le campagne dove, grazie allo sfruttamento della manodopera, l’industria alimentare compra prodotti a prezzi da fame; “Gli anni della peste” (Rizzoli, 2013), romanzo-verità sulla resa dell’Italia di fronte alla mafia; e i libri per ragazzi “Viki che voleva andare a scuola” (Rizzoli, 2003 – adottato come testo di lettura in numerose classi) e “L’Eco della frottola” (Rizzoli, 2010 – premio letteratura per ragazzi Elsa Morante).


foto di  coperta da licenza crative commons

Spunti di lettura
Libri di Fabrizio Gatti


Abstract
"Bilal" è un'avventura contemporanea attraverso i deserti e il mare, dall'Africa all'Europa, dalle bidonville al mercato dei nuovi schiavi, vissuta in prima persona dall'autore. Fabrizio Gatti ha attraversato il Sahara sui camion e si è fatto arrestare come immigrato clandestino per raccontare gli atti eroici e le tragedie che accompagnano i protagonisti di una conquista incompiuta.




Abstract
Un giornalista infiltrato che si mette la tuta degli operai del gas per raccontare le follie di una banda di trafficanti di droga. Un killer della 'ndrangheta che al suo battesimo con la pistola non ha il coraggio di uccidere. Si guardano da lontano. Si studiano. Si incontrano. Due vite parallele. Un viaggio spietato. Dal Fortino della mala, il quartiere senza Stato di Milano, ai giorni della resa alla mafia, i nostri giorni. Il giornalista insegue la via dell'eroina in città e si ritrova al centro dell'estate atroce delle stragi di Cosa nostra. Rocco, vent'anni, il killer che rinuncia a uccidere, finisce in carcere. Con una sola ossessione: vendicare la morte di Luca, il suo capo, il suo compare fraterno, ammazzato su ordine dei clan. Il bisogno di vendetta di Rocco però si trasforma in desiderio di giustizia. Fino a convincerlo a testimoniare al maxiprocesso contro la 'ndrangheta al Nord. In cambio lo Stato gli offre la tutela e la possibilità di ricostruirsi una vita. Ma un mese prima dell'udienza, con un pretesto, gli toglie il programma di protezione. Rocco diventa così il primo pentito tradito dallo Stato. Il perché glielo rivela il giornalista che Rocco odiava fino al punto di volerlo gambizzare. Il perché è nelle confidenze di un funzionario di polizia che, già poche ore dopo le bombe di Cosa nostra a Milano e a Roma, parla di una trattativa in corso tra apparati dello Stato e boss. Il romanzo verità di un giornalista infiltrato nel mondo del crimine.




Abstract
La vicenda di Viki ha occupato per parecchio tempo le pagine di cronaca del Corriere della Sera. A scoprirla e raccontarla è stato un cronista che perlustrando la periferia di Milano, una sera d'inverno, in cerca di storie, ha visto un bambino fare ritorno da solo, nel buio, in una baraccopoli popolata da clandestini. Viki e la sua famiglia vengono dall'Albania e stanno cercando di inventarsi una nuova vita in Italia. Non è facile, perché non sono in regola. Ma Viki ha una marcia in più: è bravo a scuola, vuole imparare. Una storia vera, una volta tanto a lieto fine, per riflettere su parole come accoglienza, integrazione, solidarietà.





Abstract
È notte quando nella redazione dell'Eco di Bau Bau Au Au Au, il quotidiano più antico e prestigioso dell'isola, arriva la notizia di un rapimento eccellente: qualcuno ha sequestrato il questore a pochi passi dallo zoo. Le informazioni sul fatto sono scarse e non è possibile chiedere conferma alle forze dell'ordine. Eppure il caporedattore, dopo aver fermato il giornale in stampa per aggiornare la prima pagina, chiede a un vecchio redattore, Pennuto, ormai a pochi mesi dalla pensione, di scrivere il pezzo. Ma è possibile costruire un articolo senza conoscere i fatti, con il dubbio che non ci sia alcuna notizia reale? Pennuto ci prova: in fondo basta dilatare, aggiungere, ritoccare, insinuare... E l'indomani, all'uscita del quotidiano, la notizia del rapimento del questore viene rilanciata dalle televisioni scatenando un domino di equivoci che coinvolge l'intera isola, autorità comprese, creando seri pasticci. Ma anche un'occasione, per il povero Pennuto e per la giovane commissaria Mancata con cui ha stretto amicizia, di riflettere sui meccanismi della comunicazione e del giornalismo: quello buono e soprattutto quello cattivo. Età di lettura: da 9 anni.


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