Per il secondo incontro di Lettura ad Alta Voce è stata scelto un racconto "Anima di cane" tratto da Storie della giungla messicana di B. Traven, libro fuori commercio, perciò una vera rarità.
Abbiamo incominciato così:
"Un pomeriggio, mentre l'orologio del vicino palazzo di uffici batteva le tre e mezzo, monsieur LeBlanc, un francese proprietario d'un caffè nella Calle de Bolivar, a Città del Messico, notò un cane nero, di media taglia, accucciato accanto alla porta che rimaneva sempre aperta. Ma si era messo in maniera da non dare fastidio ai clienti che entravano o che uscivano. Il cane teneva i miti occhi bruni rivolti verso LeBlanc e in questi occhi dolci scintillava qualcosa di simile all'invito a stringere amicizia. Non solo perché il cane aveva un'aria buffissima, l'espressione che a volte assumono certi vecchi vagabondi sempre di buon umore e che non perdono mai, li trattino bene o male, neppure se li fanno ruzzolare giù per le scale o se si ricevono una secchiata d'acqua sulla testa, e per di più dicono grazie con un sorrisetto sul volto.
Per un breve istante, e più casualmente che intenzionalmente, il francese smise di controllare gli scontrini di cassa e lanciò al cane una seconda occhiata. II cane, lesto ad accorgersi di questa rinnovata attenzione,la ricambiò con un allegro scodinzolio, piegò un tantino la testa di lato e apri la bocca storcendola da una parte, sicché monsieur LeBlanc ebbe l'impressione che gli sorridesse familiarmente.
LeBlanc non si seppe trattenere dal ricambiare il sorriso e per qualche secondo gli parve che in quest'ora, ch'era la più indaffarata e la più ingrata dell'abituale attività quotidiana, gli si fosse insinuato nel cuore, silenzioso e furtivo, un frammento dorato di sole..."
Molto interessante è l'enigma sulla identità dell'autore. Chi si è nascosto dietro lo pseudonimo di B. Traven nel '900?
"B. Traven (a volte citato come Bruno Traven) è lo pseudonimo di uno scrittore, presumibilmente di madrelingua tedesca, attivo nella prima metà del Novecento che ha tenacemente dissimulato la sua identità.
Autore di dodici romanzi, di molti racconti e di un libro di reportage, il suo vero nome, nazionalità, data e luogo di nascita nonché dettagli biografici sono sconosciuti, oggetto di numerose ipotesi basate su esigue tracce raccolte in Europa, in America del Nord e tra i suoi scritti. Una delle poche certezze sulla vita di Traven è che ha vissuto per anni in Messico, dove è ambientata la maggior parte delle sue opere narrative, tra cui il romanzo Il tesoro della Sierra Madre (Der Schatz der Sierra Madre, 1927), da cui è stato tratto l'omonimo film (The Treasure of the Sierra Madre) vincitore del premio Oscar nel 1948."
Quanto sopra si legge
QUI su Wikipedia, fonte
a volte ingiustamente criticata.
Recentemente una raccolta di racconti di B. Traven, Coriandoli il giorno dei morti, è uscita per Racconti Edizioni, e Il prof. Corinaldesi ne ha donato una copia alla Biblioteca, ma il libro non contiene il racconto letto ieri.
Il curatore e illustratore della nuova opera, Vittorio Giacopini, nulla, può, infatti, aggiungere, se non confermare, sull'aletta anteriore che " L’autore di questo libro, la didascalia «B. Traven», altri non è che una congettura. La teoria più accreditata lo ritiene il giornalista e anarchico tedesco Ret Marut, un’altra lo individua nell’attore Otto Feige, ma c’è chi ha sostenuto fosse il suo agente Hal Croves, la sua traduttrice Esperanza López Mateos, il comunista Linn Gale o il fotografo Traven Torsvan. Ciò che si sa è che volle e riuscì a mantenere l’anonimato, che si trasferì in Messico diventando famoso negli Stati Uniti grazie a Humphrey Bogart e alla trasposizione cinematografica del suo Tesoro della Sierra Madre, e che per i patiti delle biografie aveva inventato una formula: «Se l’uomo non può essere conosciuto attraverso le sue opere, allora o l’uomo non vale niente o non valgono niente le sue opere. Se vogliamo tener fede al suo monito, non ci rimane che far così».
Abstract
Introdotti, curati e illustrati da Vittorio Giacopini, i racconti contenuti in Coriandoli il giorno dei morti ci parlano di un occidentale affascinato, immerso e rapito da una cultura spontanea, quella messicana, che è antica e meticcia, assediata e impermeabile all’uomo bianco, deliziosamente volgare, a tratti terribilmente violenta, ma anche attraversata da una saggezza quasi sempre imperscrutabile e a suo modo esilarante. È una cultura dove i binocoli hanno poteri magici, dove i tradimenti vengono ripagati col sangue, rappresentata da banditi armati di machete, indios che assomigliano a imperatori e galeotti che si affidano ai santi. Il lettore in cerca d’autore è avvertito: a forza di cercare Traven, o chi per lui, non potrà far altro che perdersi nel folto della giungla, ritrovandosi al massimo con un asino o un fantasma. A quel punto dovrà scegliere se scappare senza risposte o sentire su di sé il fascino e l’inadeguatezza di una logica diversa, una festa da giorno dei morti.
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