venerdì 26 giugno 2020

Lettura ad Alta Voce - " La Suicida Gentile "


La Compagnia "I Grotteschi" formata da Daniele D'Amico, Maria Paola Barbieri, Elizabeth Vuillemin e Carlo Petrini, che ringraziamo, ci propone l'ascolto di un loro adattamento del breve lavoro di Achille Campanile Il suicida Gentile, atto unico, per l'occasione divenuto La suicida gentile.
Continua quindi la collaborazione con il Territorio ed in particolare con il Comitato di Quartiere Grottaperfetta.
Come già scritto precedentemente qui  Achille Campanile, fu precursore dell'umorismo dell'assurdo e poliedrico intellettuale.



Achille Campanile (Roma, 28 settembre 1899 – Lariano, 4 gennaio 1977) è stato uno scrittore, drammaturgo sceneggiatore e giornalista italiano, celebre per il suo umorismo surreale e i giochi di parole.
Nacque da Gaetano Campanile Mancini (1868 – 1942), napoletano, soggettista, sceneggiatore[1] e regista di film muti e poi redattore capo del quotidiano La Tribuna, e da Clotilde Fiore.[2]
Per breve tempo impiegato di ministero, ancora giovanissimo divenne cronista, iniziando la carriera come giornalista de La Tribuna per passare poi a L'Idea Nazionale[3] e al Travaso delle idee. Esordì come giornalista con il racconto della triste storia di una vedova che tutti i giorni, da molti anni, si recava in cimitero per portare dei fiori sulla tomba del marito e che un giorno ivi era stata trovata morta, riversa sulla tomba. Campanile preparò il "pezzo" come di consueto e titolò "Tanto va la gatta al lardo...".
Responsabile della terza pagina del suo giornale era Silvio D'Amico (ma secondo altre versioni si sarebbe trattato di Emilio Cecchi) che, sconcertato, non sapendo se si avesse a che fare con un genio o con uno squilibrato, nel dubbio gli diede una possibilità, che Campanile non avrebbe deluso. In qualche modo presentato ed introdotto, dunque, al mondo della cultura degli anni venti, non tardò Campanile a far notare una spiccata vocazione per una composizione anticonvenzionale ed incline alla ricerca dell'effetto.
Ammirato e sostenuto da Pirandello e Montale (col quale era anche in amicizia), Campanile cominciò dunque a presentare i suoi primi lavori (Centocinquanta la gallina canta del 1924, L'inventore del Cavallo del 1925). Seguirono commedie e romanzi di notevole successo come Ma cos'è questo amore del 1927, Se la luna mi porta fortuna, Agosto moglie mia non ti conosco che gli diedero una notevole popolarità tanto che la sua immagine in abiti molto eleganti e col monocolo era molto nota.
In quel periodo inizia anche la collaborazione con periodici letterari quali La Fiera Letteraria e Il dramma. Nel 1930, la rappresentazione della sua commedia in tre atti L'amore fa fare questo ed altro al Teatro Manzoni di Milano per la regia di Guido Salvini e l'interpretazione di Vittorio De Sica, Giuditta e Checco Rissone, ed altri famosi, destò un putiferio: il pubblico si divise in entusiasti estimatori e feroci denigratori. La commedia fu poi riproposta anche all'estero con lo stesso risultato.
La sua popolarità aumentò ulteriormente nel 1932, quando seguì il Giro d'Italia per conto del quotidiano Gazzetta del Popolo di Torino. Inventò il personaggio di Battista, cameriere e gregario, e i suoi reportage furono raccolti nel libro Battista al Giro d'Italia. Poco dopo uscì Cantilena all'angolo della strada, raccolta di saggi e meditazioni pubblicate in precedenza sui quotidiani La Stampa e La Tribuna, che gli valse il suo primo Premio Viareggio (1933).[4] Dopo la guerra ebbe un calo di popolarità, ma nel 1953 la nascente televisione italiana, ancora in fase sperimentale, trasmise alcuni brani delle sue opere e lui stesso comparve sullo schermo.
Dal 1959 e per alcuni anni, tenne una rubrica di critica televisiva su L'Europeo.[5] Fra le poche opere del periodo spicca Il Povero Piero del 1959, dove viene affrontato con molta ironia l'argomento della morte e, soprattutto, dei funerali e degli atteggiamenti di parenti e amici del caro estinto. Nel 1963 curò la sceneggiatura di uno spot nella famosa trasmissione pubblicitaria di prima serata Carosello dal titolo Consiglio di famiglia, pubblicizzando lo shampoo DOP per la ditta italo-francese Saipo-L'Oréal[6].
Negli ultimi anni venne riscoperto e ritornò ad un grande successo con Manuale di conversazione (1973) e Gli asparagi e l'immortalità dell'anima (1974). Nel 1973 ottenne il suo secondo Premio Viareggio,[4] quarant'anni dopo il primo, per l'opera: Manuale di conversazione e nel 1976 vinse il Premio Forte dei Marmi con il romanzo L'Eroe.
Nel 1955 aveva sposato Giuseppina Bellavita (detta Pinuccia, 1935-1996)[7], dalla quale ebbe l'anno successivo il figlio Gaetano. Visse dividendosi fra Roma e Milano ma negli ultimi anni si spostò a Lariano, vicino Velletri, dove morì nel 1977

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